Finalisti Premio Manzoni 2016, ecco la terna

Finalisti Premio Manzoni: ecco la terna

Sono stati scelti i finalisti della dodicesima edizione del Premio Letterario Manzoni – Città di Lecco al Romanzo Storico. La Giuria Tecnica, insediatasi nel 2015 e composta da Ermanno Paccagnini (presidente), Alberto Cadioli, Gian Luigi Daccò, Gianmarco Gaspari, Luigi Mascheroni, Stefano Motta, Mauro Novelli, Giovanna Rosa, ha esaminato nelle scorse settimane le diverse candidature e ha votato, individuando la terna che si contenderà la vittoria finale del Premio Manzoni 2016.
I romanzi scelti sono “L’uomo del futuro” di Eraldo Affinati (Mondadori), “Noi che gridammo al vento” di Loriano Macchiavelli (Einaudi) e “Il giardino delle mosche” di Andrea Tarabbia (Ponte delle Grazie).

Alla presentazione, svoltasi nella sede di Confcommercio Lecco, hanno partecipato Eugenio Milani (presidente di 50&Più Lecco che organizza il Premio), Peppino Ciresa (Confcommercio Lecco), Simona Piazza (assessore alla Cultura del Comune di Lecco), Giovanni Priore (presidente Acel Service sponsor della manifestazione), Gianluigi Daccò e Stefano Motta (due membri della Giuria tecnica) e il coordinatore del Premio Manzoni Vittorio Colombo.

Le tre opere passeranno ora al vaglio della Giuria popolare, composta quest’anno da 100 persone (il doppio rispetto al 2015): i lettori che avranno il compito di scegliere il vincitore del Premio Romanzo Storico 2016 sono stati individuati grazie alla collaborazione delle librerie Cattaneo, Ibs-Libraccio, Libreria Volante, Parole nel Tempo di Lecco, Perego Libri di Barzanò e La Torre di Merate. Quest’anno inoltre si sono aggiunti i lettori segnalati dalla biblioteche di Valmadrera, Costa Masnaga e Sirone
La premiazione, con la proclamazione del vincitore, si svolgerà sabato 22 ottobre al Teatro della Società a Lecco.

I FINALISTI PREMIO MANZONI

– “L’uomo del futuro”, E. Affinati
Lorenzo Milani nasce a Firenze nel 1923, in una famiglia colta e benestante. Ma molto presto inizia a lavorare dentro di lui un’inquietudine, una ribellione radicale per le diseguaglianze che vede intorno a sé. Così, mentre la guerra infuria, entra in seminario e, venticinquenne, viene ordinato prete. Da qui comincia il suo percorso di educatore e “incendiario” predicatore, culminata negli anni in cui a Barbiana darà vita alla sua scuola straordinaria e scriverà “Lettera a una professoressa”, un testo fondamentale dal ’68 a oggi. Eraldo Affinati, cerca tracce della vita di don Milani ripercorrendone i passi, i luoghi, incontrando chi lo conobbe. A queste pagine alterna capitoli in cui racconta di “altri don Milani” incontrati in tutto il mondo: figure di insegnanti e testimoni della possibilità di un’educazione fondata sull’esempio personale, su un rigore che si coniuga con una profonda empatia
– “Noi che gridammo al vento”, L. Macchiavelli
Aprile 1980. Stella lascia Basilea, dove lavora all’Università, e parte all’improvviso per Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. Appena arrivata, fa amicizia con Eva, Ditria e Vito. Ma forse non è la prima volta che li incontra. Forse doveva tornare in quella terra per scoprire l’origine degli incubi che la tormentano. Anche George, ‘u miricanu, arriva a Palermo dagli Stati Uniti. Ha una missione: parlare con chi comanda – in Sicilia e non solo – di alcuni misteriosi documenti che potrebbero far vacillare la stabilità della Repubblica. Poi c’è Francesca, Ceschina per gli amici. Si aggira per i feudi attorno a Piana con una mitraglietta nello zaino, e se il primo maggio sale sempre a Portella non è per partecipare alle celebrazioni. Loriano Macchiavelli scava ancora una volta in uno dei nodi oscuri e irrisolti della nostra storia, ovvero quello di Portella della Ginestra. Rievocando la madre di tutte le stragi italiane, mette in scena un pericoloso gioco di accordi tra mafia, politica e servizi segreti. E soprattutto racconta la dolorosa, umana verità di persone e luoghi violati.

“Il giardino delle mosche”, A. Tarabbia
Tra il 1978 e il 1990, mentre in Unione Sovietica il potere si scopriva fragile e una certa visione del mondo si avviava al tramonto, Andrej Cikatilo, marito e padre di famiglia, comunista convinto e lavoratore, uccideva nei modi più orrendi quasi 60 persone. Le sue vittime avevano tutte una caratteristica comune: vivevano ai margini della società o non si sapevano adattare alle sue regole. Erano insomma simboli del fallimento dell’Idea comunista, sintomi dell’imminente crollo del Socialismo reale. Questo libro, sospeso tra romanzo e biografia, narra la storia di uno dei più feroci assassini del Novecento attraverso la visionaria, a tratti metafisica ricostruzione della confessione che egli rese in seguito all’arresto. E fa di più. Osa raccontare l’orrore e il fallimento in prima persona: Cikatilo, infatti, svela le sue pulsioni più segrete, le sue umiliazioni e ossessioni. “Il giardino delle mosche” è un libro lirico e crudele allo stesso tempo: la storia di un’anima sbagliata, una meditazione sul potere e la sconfitta e, soprattutto, una discesa impietosa fino alle radici del Male.

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