A dicembre consumi in lieve crescita ma l’inflazione preoccupa

Analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio su tredicesime e consumi di dicembre. Per i regali di Natale si spenderanno circa 160 euro a testa, sostanzialmente in linea con lo scorso anno. Pil a +6,2% in 2021 

C’è voglia di normalità dopo il crollo del 2020: questo sembra essere il tema portante della consueta analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio su tredicesime e consumi di dicembre. Saranno di circa 110 miliardi di euro le spese per consumi (inclusi affitti, utenze, servizi, ecc.), un valore inferiore di circa 10 miliardi a quanto speso nel 2019. Per le sole spese commercializzabili (beni e servizi) cioè alimentari, abbigliamento, mobili, elettrodomestici bianchi e bruni, computer, cellulari e comunicazioni, libri, ricreazione, spettacoli e cultura, giocattoli e cura del sé, alberghi, bar e ristoranti, la stima è di 76 miliardi. “Nel 2020 – sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella – questa spesa, fortemente correlata al benessere economico delle famiglie, era scesa a circa 66 miliardi di euro correnti”. “Dicembre – prosegue Bella – si conferma il mese più importante dell’anno per i consumi ma il clima di fiducia delle famiglie in calo, la forte ripresa dell’inflazione e i rincari delle bollette rischiano di ridurre la quota di tredicesima tradizionalmente destinata alla spesa per i regali di Natale che quest’anno si confermerà intorno ai 160 euro pro capite sostanzialmente in linea con lo scorso anno“. Bella ha sottolineato che “considerando anche i consumi di chi non beneficia di questo emolumento, cioè l’area del lavoro autonomo, complessivamente la spesa media per famiglia, inclusi affitti, bollette e utenze, a dicembre si attesta a 1.645 euro, lo 0,5% in più rispetto all’anno scorso, ma ancora molto al di sotto rispetto al 2019 (-7,5%)”.

Entrando nel dettaglio della ricerca, dall’andamento dei consumi commercializzabili nel triennio si vede come il mese di dicembre, anche nel 2020, anno caratterizzato da un periodo festivo connotato da molte limitazioni, abbia rappresentato il periodo più importante dal punto di vista dei consumi. Le stime effettuate per il 2021 non considerano improvvisi deterioramenti del quadro pandemico. Al di là della situazione sanitaria qualche spunto di preoccupazione emerge dal versante economico.

A novembre, il clima di fiducia delle famiglie, pur attestandosi a livelli storicamente elevati, ha ripiegato per il secondo mese consecutivo. Questa situazione, se confermata nei prossimi mesi, rischia di avere ripercussioni nella parte iniziale del 2022 oltre che comprimere, seppure marginalmente, le spese di dicembre e per i regali di Natale. Il deterioramento è correlato in buona parte al riemergere dell’inflazione la quale, per la parte inattesa, cioè quella eccedente l’1,5%-2%, potrebbe comprimere il potere d’acquisto delle famiglie, riverberandosi principalmente in una contrazione degli acquisti di beni e servizi commercializzabili. Infatti, la ripresa dell’inflazione sta colpendo in prevalenza e almeno per adesso, quei beni e servizi a cui le famiglie non possono rinunciare, cioè i cosiddetti consumi obbligati.

Nell’arco di dodici mesi si è passati da un contesto di deflazione a una variazione dei prezzi al consumo superiore al 3% (3,8% a novembre 2021). Il nuovo scenario non ha intaccato orientamenti e propensioni delle famiglie fino a modificarne i comportamenti, ma il suo protrarsi non potrà non incidere sulle scelte di consumo.

Commentando i dati dell’analisi dell’Ufficio Studi della Confederazione sui consumi di dicembre, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha sottolineato che “la crescita dei consumi a Natale rischia di essere frenata dai timori per la pandemia, dall’inflazione e dai costi dei consumi obbligati. Per rilanciare la fiducia occorre accelerare il previsto taglio delle tasse, a cominciare da Irpef e oneri contributivi a carico delle imprese”.

 

(dal sito nazionale di Confcommercio)

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