Social network e luoghi di lavoro: ecco alcuni consigli

Social network e luogo di lavoro non sempre sono complementari e pertanto è utile disciplinarne l’uso in azienda.

L’accesso libero alle connessioni internet ed il continuo proliferare del fenomeno dei cosiddetti social network, primo tra tutti “facebook”, impongono una riflessione, essendo la materia molto delicata e considerato che entrano in gioco diversi interessi primari.

Infatti da un lato c’è l’interesse dell’azienda ad ottenere una giusta prestazione lavorativa, improntata ai canoni di diligenza, lealtà e correttezza, mentre dall’altro vi è la tutela della privacy dei lavoratori ed il divieto di controllo a distanza dell’attività degli stessi.

Dalla parte del datore di lavoro.

Nell’ottica del datore di lavoro, la norma di riferimento risulta essere quella di cui all’art. 2104 c.c., per il quale: “Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende”.

Fermo restando il generale obbligo di non trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio (art. 2105 c.c.).

La violazione di detti obblighi può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione (art. 2106 c.c.), che possono andare dal richiamo orale o scritto, per le infrazioni di minore gravità, fino alla multa, alla sospensione ovvero al licenziamento nelle ipotesi più gravi.

Dalla parte del lavoratore.

Viceversa, dal punto di vista del lavoratore, la norma basilare è quella contenuta nell’art. 4 della L. 300/70 (Statuto dei Lavoratori), inserito nel più ampio contesto “Della libertà e dignità del lavoratore”, il quale prevede che: “È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali”

Questa materia è stata recentemente ridisegnata dal cd. Jobs Act. Una delle innovazioni introdotte è la motivazione legittimamente ammessa del controllo a distanza, del patrimonio aziendale, estendendo la possibilità di effettuare dei controlli di carattere audiovisivo a fronte dell’accordo non più solo con le rappresentanze sindacali aziendali (RSA), ma anche con le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) o con le associazioni comparativamente più rappresentative, in caso di aziende con sedi in diverse provincie/regioni o, ancora, con il Ministero del Lavoro o sue delegazioni.
Come già accennato la nuova regolamentazione definisce non solo le procedure, sostanzialmente invariate, per l’installazione di sistemi audiovisivi di controllo (es: le telecamere), ma anche la possibilità di effettuare controlli sull’attività del lavoratore per mezzo degli strumenti utilizzati per rendere la propria prestazione, nonché degli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. Questi ultimi potranno essere installati e utilizzati senza la necessità di seguire la procedura di autorizzazione ordinaria, sindacale o amministrativa, il che consentirà di superare le incertezze del passato.
Attenzione però, il datore di lavoro deve usare l’impianto installato e autorizzato, a fronte di adeguata informazione ai lavoratori delle modalità d’uso degli strumenti lui affidati e delle modalità di effettuazione dei controlli in ottemperanza a quanto previsto dalle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (privacy). Queste regole si applicano ogni volta che il datore di lavoro svolge attività di raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, consultazione, elaborazione, estrazione, raffronto, utilizzo e distruzione di dati personali.
Ricordiamo comunque che il datore di lavoro non può effettuare controlli in maniera indiscriminata, ogni forma di controllo deve, infatti, essere lecita, trasparente e riferita all’ambito lavorativo.

Indubbiamente si presentano sempre diversi profili critici che vanno ben oltre al tempo materialmente sottratto alla prestazione lavorativa e che possono investire ad esempio anche il problema della stessa sicurezza sul posto di lavoro.

E’ in ogni caso consigliabile che il datore di lavoro si doti di appositi regolamenti aziendali e specifiche circolari interne, a mezzo dei quali disciplinare – anche escludendolo – l’utilizzo dei mezzi informatici (privati o aziendali), social in orario lavorativo.

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