Le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate su premi di risultato e welfare aziendale

Nuove indicazioni sui premi di risultato e welfare aziendale a cura dell’Agenzia delle Entrate.

Con questa nuova circolare vengono illustrate le disposizioni introdotte con la Legge di Bilancio 2017 e 2018, in materia di regime di tassazione agevolata del 10% (detassazione) applicabile a premi di risultato previsti da contratti collettivi aziendali o territoriali legati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

La circolare, inoltre, fornisce chiarimenti in merito ai passaggi più controversi della normativa, approfondendo in particolare il tema del welfare aziendale.

I punti più rilevanti trattati dalla circolare riguardano:

  •  l’innalzamento da 50mila a 80mila euro annui dei limiti di reddito dei lavoratori dipendenti che possono beneficiare dell’agevolazione;
  • l’aumento dell’importo da 2mila a 3mila del premio assoggettabile a tassazione agevolata;
  • le somme erogate o rimborsate ai dipendenti per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico;
  • premi di risultato erogati a favore dei dipendenti in misura differenziata.

I premi di risultato, in presenza di determinati presupposti, possono infatti godere di un’imposta sostitutiva al 10%. Per poter fruire di questo beneficio fiscale, i premi devono necessariamente essere collegati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione e possono consistere in un importo massimo pari a 3.000 euro lordi, elevati a 4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Altro presupposto per poter fruire dell’agevolazione è che i lavoratori in questione, non devono aver conseguito – nell’anno precedente – un reddito da lavoro dipendente superiore ai 80.000 euro.

Con la circolare n.5/2018, l’Agenzia delle Entrate ha riepilogato quanto introdotto con le leggi di Bilancio 2017 e 2018 in materia e ha specificato alcune aspetti pratici della normativa. Tale circolare dovrà essere snocciolata ed analizzata in ogni suo punto, di particolare interesse ed attualità è comunque l’accettazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di eventuali ritardi nell’invio della Certificazione Unica a causa dell’imposta sostitutiva di cui sopra.

Uno dei presupposti nella disciplina sulla detassazione, è che i premi di risultato devono essere corrisposti in seguito al raggiungimento di un risultato incrementale per l’azienda; il premio viene quindi erogato dopo aver verificato l’effettivo raggiungimento dei relativi obiettivi. Già con la circolare n.28/E del 2016, l’Agenzia delle Entrate aveva specificato che il datore di lavoro può applicare l’imposta sostitutiva effettuando il conguaglio delle maggiori ritenute operate, o nel primo periodo di paga disponibile, oppure entro la data del conguaglio finale.

Se però non è possibile verificare il raggiungimento degli obiettivi aziendali entro la data del conguaglio, l’imposta sostitutiva può allora essere applicata su acconti o anticipazioni dei premi. Questi acconti saranno già stati assoggettati a tassazione ordinaria dai lavoratori con la dichiarazione dei redditi; il datore di lavoro dovrà quindi attestare il presupposto per l’imposta sostitutiva con una nuova Certificazione Unica. In questo caso, ci sarà quindi un ritardo nell’invio della CU ma l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n.5/2018, chiarisce che tale ritardo non sarà causa di sanzioni, a meno che lo stesso non sia determinato da inadempienze da parte del datore di lavoro. Se non si vuole procedere con una nuova CU, il lavoratore potrà presentare istanza di rimborso certificando il tutto con una documentazione che provi il raggiungimento degli obiettivi aziendali oggetto del premio.

Che cosa è il welfare aziendale?

Con il termine welfare aziendale intendiamo l’insieme delle iniziative di natura contrattuale o unilaterali da parte del datore di lavoro, volte a incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia attraverso una diversa ripartizione della retribuzione, che può consistere sia in benefit di natura monetaria sia nella fornitura di servizi, o un mix delle due soluzioni.

Una descrizione definita per un mondo dunque molto ampio di servizi e prestazioni non monetarie disponibili: dalla salute all’istruzione, fino ad arrivare al rimborso degli interessi passivi del mutuo a facilitazioni, sconti, promozioni e rimborsi su attività legate al tempo libero che, se per il lavoratore si traducono in un pacchetto di possibilità da affiancare alla classica retribuzione, per le aziende si trasformano in un’ottimizzazione del vantaggio fiscale in ottemperanza alla normativa vigente (art. 51 e 100 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Più precisamente, la definizione degli importi da destinare a welfare aziendale può essere collegata a premi di risultato (PdR) definiti sulla base degli andamenti aziendali (utili, ricavi, incrementi di produttività, miglioramento della qualità di prodotti e servizi, miglioramento dell’immagine) oppure a condizioni contrattuali (contratti nazionali, territoriali, aziendali e regolamenti interni). Poiché queste forme di retribuzione godono di incentivi fiscali (fondi pensione, sanità integrativa, polizze di rischio) definiti dal TUIR e tali incentivi sono stati incrementati dalle Leggi di Bilancio in particolar modo per gli anni 2016/17, le forme di welfare aziendale assumono sempre maggiore importanza sia per i lavoratori dipendenti pubblici e privati sia per le imprese. E anche per lo Stato, poiché maggiori sono le coperture complementari dei lavoratori e minore è il rischio per la collettività di dover intervenire. Curare il benessere  dei propri collaboratori è, d’altra parte, sempre più spesso percepito anche dalle aziende come un fattore determinante per un business sano e in crescita: il welfare in azienda rappresenta oggi uno dei principali strumenti a disposizione del mondo HR per favorire la conciliazione vita lavorativa – vita privata dei dipendenti, nonché un mezzo tramite il quale aumentarne il potere d’acquisto e, attraverso il miglioramento del clima sul posto di lavoro, favorire anche la diminuzione di turnover e assenteismo.

Con il termine welfare aziendale intendiamo l’insieme delle iniziative di natura contrattuale o unilaterali da parte del datore di lavoro, volte a incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia attraverso una diversa ripartizione della retribuzione, che può consistere sia in benefit di natura monetaria sia nella fornitura di servizi, o un mix delle due soluzioni.

Una descrizione definita per un mondo dunque molto ampio di servizi e prestazioni non monetarie disponibili: dalla salute all’istruzione, fino ad arrivare al rimborso degli interessi passivi del mutuo a facilitazioni, sconti, promozioni e rimborsi su attività legate al tempo libero che, se per il lavoratore si traducono in un pacchetto di possibilità da affiancare alla classica retribuzione, per le aziende si trasformano in un’ottimizzazione del vantaggio fiscale in ottemperanza alla normativa vigente (art. 51 e 100 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Più precisamente, la definizione degli importi da destinare a welfare aziendale può essere collegata a premi di risultato (PdR) definiti sulla base degli andamenti aziendali (utili, ricavi, incrementi di produttività, miglioramento della qualità di prodotti e servizi, miglioramento dell’immagine) oppure a condizioni contrattuali (contratti nazionali, territoriali, aziendali e regolamenti interni). Poiché queste forme di retribuzione godono di incentivi fiscali (fondi pensione, sanità integrativa, polizze di rischio) definiti dal TUIR e tali incentivi sono stati incrementati dalle Leggi di Bilancio in particolar modo per gli anni 2016/17, le forme di welfare aziendale assumono sempre maggiore importanza sia per i lavoratori dipendenti pubblici e privati sia per le imprese. E anche per lo Stato, poiché maggiori sono le coperture complementari dei lavoratori e minore è il rischio per la collettività di dover intervenire.

Curare il benessere  dei propri collaboratori è, d’altra parte, sempre più spesso percepito anche dalle aziende come un fattore determinante per un business sano e in crescita: il welfare in azienda rappresenta oggi uno dei principali strumenti a disposizione del mondo HR per favorire la conciliazione vita lavorativa – vita privata dei dipendenti, nonché un mezzo tramite il quale aumentarne il potere d’acquisto e, attraverso il miglioramento del clima sul posto di lavoro, favorire anche la diminuzione di turnover e assenteismo.

 

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