Fatture generiche: un rischio per la detrazione dell’Iva

I rischi della indetraibilità

FATTURE GENERICHE, RISCHIO PER LA DETRAZIONE DELL’IVA

La generica descrizione dell’operazione in fattura (natura, quantità e qualità dei beni / servizi) determina, come recentemente sancito dalla Corte di Cassazione, l’indetraibilità dell’IVA in capo all’acquirente / committente.

Tale “penalizzazione” può essere superata qualora vengano forniti ulteriori elementi che consentono all’Ufficio di accertare i requisiti sostanziali per l’esercizio del diritto alla detrazione.

 

Il contenuto della fattura è disciplinato dal comma 2 dell’art. 21, DPR n. 633/72, il quale prevede la presenza dei seguenti elementi:

  1. data di emissione;
  2. numero progressivo che la identifichi in modo univoco;
  3. ditta, denominazione / ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;
  1. partita IVA del soggetto cedente o prestatore;
  2. ditta, denominazione / ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del cessionario

o committente, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti;

  1. partita IVA del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo UE, numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell’esercizio d’impresa, arte o professione, codice fiscale;
  1. natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione;
  2. corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli

relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono ex art. 15, comma 1, n. 2);

  1. corrispettivi relativi agli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono;
  2. aliquota, ammontare dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamento al centesimo di €;
  3. data della prima immatricolazione o iscrizione in Pubblici registri e numero dei km percorsi,

delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intraUE di mezzi di trasporto nuovi

di cui all’art. 38, comma 4, DL n. 331/93;

  1. annotazione che la stessa è emessa, per conto del cedente o prestatore, dal cessionario o

committente ovvero da un terzo.

 

Recentemente, la Corte di Cassazione con l’ordinanza 6.10.2017, n. 23384 non ha riconosciuto la legittimità della detrazione dell’IVA a credito in presenza di fattura contenente una formula generica per l’indicazione dell’operazione effettuata.

 

LA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA

La Corte di Giustizia UE nella sentenza relativa alla causa C-516/14 depositata il 15.9.2016

ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla “descrizione dell’operazione” da riportare in fattura (natura, qualità e quantità dei beni / servizi oggetto dell’operazione) ed al diritto alla detrazione dell’IVA a credito relativa a tali operazioni.

Nel caso di specie i Giudici comunitari hanno precisato che:

  • le fatture che presentano solamente l’indicazione “servizi giuridici forniti [da una certa data] sino ad oggi”, non sono conformi, a priori, ai requisiti di cui al punto 6 dell’art. 226, Direttiva n. 2006/112/CE, corrispondente alla citata lett. g) dell’art. 21. Analogamente, le fatture che presentano solamente l’indicazione “servizi giuridici forniti sino ad ogginon sono, a priori, conformi né ai requisiti di cui al citato punto 6 né a quelli previsti dal punto 7 del citato art. 226;
  • l’art. 178, lett. a), Direttiva n. 2006/112/CE (non espressamente contenuto nel testo dell’art. 19 DPR n. 633/72) deve essere interpretato nel senso che le Autorità tributarie nazionali non possono negare il diritto alla detrazione dell’IVA per il solo motivo che la fattura non soddisfa i requisiti di cui sopra “laddove tali autorità dispongano di tutte le informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali relativi all’esercizio del diritto in parola siano soddisfatti.”

LA GIURISPRUDENZA NAZIONALE

SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE 16.4.2014, N. 8847

La Corte di Cassazione con la sentenza 16.4.2014, n. 8847, in presenza di una fattura contenente una formula generica del tenore “consulenza come da contratto”, ha riconosciuto la legittimità della detrazione IVA in quanto il Giudice di merito aveva evidenziato che il contratto di  consulenza tra le parti non era finalizzato a scopi elusivi, e che, anzi, “l’esistenza di tale contratto tra le società consocie fosse idoneo a dimostrare l’esistenza delle prestazioni rese”.

La Commissione Tributaria di secondo grado aveva evidenziato, con una pluralità di ragioni:

  • l’esistenza e il carattere non elusivo del contratto di consulenza;
  • la compatibilità dell’operazione posta in essere con la normativa nazionale, desunta anche da una Risoluzione emessa dalla stessa Amministrazione finanziaria;
  • il carattere non elusivo del corrispettivo, così come determinato dalle parti;
  • la logicità e finalizzazione dell’operazione negoziale ad una precisa strategia aziendale, che ne

esclude l’intento elusivo;

  • l’impossibilità ed inutilità di una analitica documentazione dei costi connessi a tale operazione.

ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE 6.10.2017, N. 23384

Recentemente, con l’ordinanza 6.10.2017, n. 23384 la Corte di Cassazione è ritornata sulla questione della detraibilità dell’IVA afferente una fattura con indicazione “generica” dell’operazione. In particolare, la Corte ha esaminato il caso di una società a cui era stata rettificata, per il 2004 e 2005, la detrazione dell’IVA con il rigetto del corrispondente maggior rimborso richiesto, oltre all’irrogazione delle sanzioni per infedele dichiarazione. Alla società era stato contestato il diritto alla detrazione dell’IVA per mancanza di prova dell’inerenza nonché per la genericità dell’indicazione dell’operazione riportata in fattura. Come sopra evidenziato un elemento indispensabile e fondamentale della fattura è costituito dall’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione. Sul punto la Corte, ribadendo quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella citata sentenza relativa alla causa C-516/14, conferma l’obbligatorietà dell’indicazione:

  • dell’entità e della natura dei servizi forniti ex art. 226, punto 6, Direttiva n. 2006/112/CE;
  • della data ex art. 226, punto 7, Direttiva n. 2006/112/CE in cui è effettuata o ultimata la

prestazione di servizi;

al fine di consentire all’Ufficio di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e la sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA.

Al fine di tale diritto, incombe sul soggetto che intende operare la detrazione dell’IVA l’onere di:

  • dimostrare il soddisfacimento delle condizioni per poter fruire della stessa;
  • fornire elementi e prove, anche “integrativi e succedanei” rispetto alla fattura, necessari per

valutare il diritto alla detrazione dell’IVA.

Nel caso di specie la Corte, ha negato la detrazione dell’IVA poiché la genericità della fattura “non è stata supplita … da ulteriori elementi che, in combinazione con la fattura, evidenziassero

entità, natura ed epoca dei servizi forniti”.

Infatti il contribuente aveva fornito, quale documentazione “integrativa”, delibere e verbali del Consiglio di amministrazione, nei quali tuttavia erano “richiamati” per relationem altri documenti, di cui non erano richiamati i “contenuti” ma soltanto valori monetari finali. Di fatto, anche dalla fattura non era possibile “ricostruire” la natura, quantità e qualità dei servizi forniti.

 RILEVANZA DEL CONTENUTO DELLA FATTURA

Sul punto si ritiene utile richiamare anche la Norma di comportamento AIDC n. 199. In tale contesto è stato evidenziato che la citata lett. g), nel prescrivere che la fattura deve indicare la “natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione” riproduce il principio contenuto nell’art. 226,punto 6, Direttiva n. 2006/112/CE, che prevede l’indicazione della “quantità e natura dei beni ceduti o l’entità e la natura dei servizi resi”.

A prescindere dalla differenza terminologica, la descrizione richiesta, è utile sia per il soggetto che emette la fattura, sia per il soggetto la riceve. In linea generale:

  • la descrizione è indice di corretta amministrazione e facilita il controllo interno e revisionale;
  • la fattura regolarmente compilata rappresenta la prova per la tutela del credito in sede giurisdizionale.

Relativamente alle conseguenze collegate al mancato rispetto delle indicazioni circa il contenuto della fattura, l’Ufficio non può limitare il diritto alla detrazione dell’IVA qualora il contribuente abbia fornito la documentazione comprovante che:

  • i requisiti sostanziali sono soddisfatti;
  • non sussiste un “atteggiamento frodatorio”.

In particolare, secondo l’AIDC, l’Ufficio:

non può limitarsi all’esame del contenuto della fattura, ma deve tenere conto anche delle

informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come, del resto, previsto anche dall’art.

219 della stessa Direttiva 2006/112/CE, che assimila alla «fattura» tutti i documenti o messaggi che modificano, integrano e comunque fanno riferimento in modo specifico ed inequivocabile alla fattura originariamente emessa.

A parere dell’AIDC non è possibile negare la detrazione dell’IVA con la sola motivazione che la fattura non rispetta, formalmente il requisito previsto dalla citata lett. g (indicazione della natura, quantità, qualità), nel caso in cui l’Ufficio disponga dei documenti accessori e delle informazioni di qualsiasi tipo, fornite dal contribuente, per accertare che i requisiti sostanziali per l’esercizio del predetto diritto sono stati soddisfatti, fatta salva la possibilità di sanzionare il mancato rispetto dei requisiti formali.

Riferimenti normativi

  • Art. 21, comma 2, DPR n 633/72
  • Sentenza Corte Giustizia UE 15.9.2016, Causa C-516/14
  • Sentenza Corte Cassazione 16.4.2014, n. 8847
  • Ordinanza Corte Cassazione 6.10.2017, n. 23384

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