Filiera agricola e alimentare: pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese

Sul Supplemento Ordinario (SO) n. 41 alla Gazzetta Ufficiale n. 285, del 30 novembre 2021, è stato pubblicato il Decreto Legislativo n.198 dell’8 novembre 2021 recante attuazione, adeguamento e coordinamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva UE 633/2019 in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare.

Il provvedimento, entrato in vigore il 15 dicembre, è stato predisposto in base all’art. 7 della Legge di delegazione europea 2019-2020 (Legge n.53 del 2021), che ha conferito la delega al Governo per l’attuazione della citata direttiva sulle pratiche commerciali sleali tra imprese nella filiera agricola e alimentare e contiene le disposizioni per la disciplina delle relazioni commerciali e per il contrasto delle pratiche commerciali sleali nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, definendo le pratiche commerciali vietate in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza ed imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte.

In via preliminare si rileva che, al fine di favorire una maggiore leggibilità dei testi normativi sulle pratiche commerciali sleali, la disciplina contenuta nell’abrogando articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, è stata fatta confluire all’interno del presente decreto legislativo che è stato anche adeguato alla luce delle nuove indicazioni comunitarie in materia.

Ciò premesso, riportiamo di seguito alcune delle principali disposizioni presenti nel provvedimento in oggetto.

Oggetto e ambito di applicazione (art. 1)

La disposizione definisce le pratiche commerciali vietate in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza ed imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte (comma 1).

La nuova disciplina si applica alle cessioni di prodotti agricoli ed alimentari, eseguite da fornitori che siano stabiliti nel territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti, ma non riguarda i contratti di cessione conclusi tra fornitori e consumatori (commi 2 e 3).

Inoltre, il comma 4 dell’articolo in commento dispone che le previsioni di cui agli articoli 3 (Principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione), 4 (Pratiche commerciali sleali vietate), 5 (Altre pratiche commerciali sleali) e 7 (Disciplina delle vendite sottocosto di prodotti agricoli ed alimentari) costituiscono norme imperative e quindi prevalgono sulle eventuali discipline di settore con esse contrastanti (art. 1 comma 2-3).

Il nuovo decreto contiene inoltre, all’art. 2, una serie di definizioni, tra cui si segnala quella relativa all’acquirente (lettera b), che ricomprende, anche, le autorità pubbliche e i gruppi di persone fisiche e giuridiche che procedono agli acquisti; su tale profilo, come sopra specificato, si segnala che il decreto in esame non riguarda i contratti diretti tra produttore e consumatore. In particolare il presente decreto riprende alcune definizioni contenute, nell’abrogando articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012 nonché nel decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 19 ottobre 2012, n. 199.

Principi ed elementi essenziali dei contratti di cessione (art. 3)

La disposizione in esame individua il principio generale per cui contratti di cessione devono essere redatti in forma scritta e devono rispettare i principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni (commi 1-2).

L’atto scritto deve essere stipulato prima della consegna dei prodotti ceduti ed indicare la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, che può essere fisso o determinabile sulla base di criteri stabiliti nel contratto, le modalità di consegna e di pagamento. L’articolo consente che l’obbligo della forma scritta possa essere assolto, anche, con alcune forme equipollenti quali: documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto con i quali l’acquirente commissiona la consegna dei prodotti a condizione che gli elementi contrattuali sopra indicati siano, comunque, concordati tra acquirente e fornitore mediante un accordo quadro (comma 3).

La disposizione in esame, riprendendo l’articolo 10-quater del decreto-legge n. 27 del 2019, prevede che la durata dei contratti di cessione non sia inferiore a dodici mesi, salvo deroga motivata, anche in ragione della stagionalità dei prodotti, concordata dalle parti contraenti o risultante da un contratto stipulato con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Nel caso in cui il contratto abbia una durata inferiore a quella minima, salvo le suddette deroghe, essa si considera sempre pari a dodici mesi. L’obbligo di durata annuale non si applica ai contratti di cessione nel settore della somministrazione di alimenti e bevande (ristoranti, bar e altri pubblici esercizi).

Sono fatte salve le condizioni contrattuali, comprese quelle relative ai prezzi, definite nell’ambito di accordi quadro aventi ad oggetto la fornitura dei prodotti agricoli e alimentari stipulati dalle organizzazioni professionali rappresentate in almeno cinque Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ovvero nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, anche per il tramite delle loro articolazioni territoriali e di categoria (comma 5).

Pratiche commerciali sleali vietate (art.4)

Il decreto legislativo individua le pratiche commerciali sleali vietate, nelle relazioni commerciali tra operatori:

Le lettere a) e b) riguardano i casi di consegna pattuita su base periodica, non periodica ed entrambe stabiliscono i termini per il versamento del corrispettivo.

Per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, il termine non può superare i trenta giorni dal termine del periodo di consegna.

Per i prodotti non deperibili, il termine non può eccedere i sessanta giorni dal termine della consegna.

Sono previste esenzioni per: la distribuzione di prodotti ortofrutticoli e di latte destinati alle scuole, per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria, nell’ambito di contratti di cessione tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti (comma 3).

La lettera c) qualifica come sleale, anche, l’annullamento, da parte dell’acquirente, di ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni. La disposizione, prevede che con Regolamento del Mipaaf verranno individuati casi particolari o settori nei quali le parti potranno stabilire termini di preavviso inferiori a trenta giorni per l’annullamento di ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili. La lettera d) riguarda la modifica unilaterale, da parte dell’acquirente o del fornitore, delle condizioni di un contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari concernenti: frequenza, metodo, luogo, tempi o volume della fornitura o della consegna, norme di qualità, termini di pagamento, prezzi, servizi accessori rispetto alla cessione dei prodotti. La lettera e) considera sleale la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, di pagamenti che non sono connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari. La lettera f) non consente l’inserimento, da parte dell’acquirente, di clausole contrattuali che obbligano il fornitore a farsi carico dei costi per il deterioramento o la perdita di prodotti agricoli e alimentari che si verifichino presso i locali dell’acquirente o comunque dopo che tali prodotti siano stati consegnati. La lettera g) vieta il rifiuto, da parte dell’acquirente o del fornitore, di confermare per iscritto le condizioni di un contratto di cessione in essere tra l’acquirente medesimo ed il fornitore per il quale quest’ultimo abbia richiesto una conferma scritta. La lettera h) qualifica come sleale l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita di segreti commerciali del fornitore. La lettera i) identifica come sleale la minaccia o la messa in atto, da parte dell’acquirente, di ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore quando quest’ultimo esercita i diritti contrattuali e legali di cui gode. La lettera j) prevede come sleale, anche, la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, del risarcimento del costo sostenuto per esaminare i reclami dei clienti relativi alla vendita dei prodotti del fornitore, benché non risultino negligenze o colpe da parte di quest’ultimo.

Il provvedimento individua, anche, gli interessi di mora che possono essere applicabili in caso di ritardo nei pagamenti, riprendendo una disposizione già vigente (comma 3 dell’articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012). In particolare, si segnala che il saggio degli interessi viene maggiorato di quattro punti percentuali ed è inderogabile. Viene, inoltre, precisato che, quando il debitore è una pubblica amministrazione del settore scolastico e sanitario, è fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 231 del 2002, ossia la possibilità di pattuire in modo espresso termini di pagamento superiori a quelli stabiliti ex lege se giustificati dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche (comma 2).

Il comma 4 dell’articolo in commento vieta le pratiche commerciali, salvo che esse siano state precedentemente concordate da fornitore e acquirente, nel contratto di cessione, nell’accordo quadro, volte a porre a carico del fornitore rischi propri dell’acquirente. Nel provvedimento vengono individuate una serie di pratiche sleali, tra cui, la restituzione di prodotti rimasti invenduti e una serie di ipotesi di richieste al fornitore da parte dell’acquirente relative ai costi per l’immagazzinamento, l’esposizione, e la messa in commercio dei prodotti del fornitore, ovvero gli sconti sui prodotti venduti come parte di una promozione(salvo che non si tratti di una fornitura specificamente destinata), costi di pubblicità e marketing dei prodotti, costi del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore.

Altre pratiche commerciali sleali (art. 5)

La disposizione in esame individua ulteriori pratiche commerciali vietate a livello nazionale, alcune delle quali risultano già vietate ai sensi dell’articolo 62, comma 2, del decreto legge n. 1 del 2012 e del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 199 del 19 ottobre 2012.

In particolare, ad esempio, rientrano nel suddetto elenco:

• l’acquisto di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso (lett. a);
• l’imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il venditore (lett. b);
• l’omissione, nella stipula di un contratto che abbia ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari, di una o più delle condizioni richieste dell’articolo 168, paragrafo 4 del regolamento (UE) n. 1308/2013 (lett. c)
• l’imposizione, diretta o indiretta, di condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose (lett. d);
• l’applicazione di condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti (lett. e);
• l’esclusione dell’applicazione di interessi di mora a danno del creditore o delle spese di recupero dei crediti (lett. j);
• l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, di vincoli contrattuali per il mantenimento di un determinato assortimento, inteso come l’insieme dei beni che vengono posti in vendita da un operatore commerciale per soddisfare le esigenze dei suoi clienti (lett. n);
• l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, dell’inserimento di prodotti nuovi nell’assortimento (lett. o);
• l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, di posizioni privilegiate di determinati prodotti nello scaffale o nell’esercizio commerciale (lett. p).

Buone pratiche commerciali (art. 6)

Sono considerati rispettosi dei principi di trasparenza, buona fede e correttezza gli accordi ed i contratti di filiera che abbiano durata di almeno tre anni, nonché i contratti conformi alle condizioni contrattuali definite nell’ambito degli accordi quadro, ovvero, che siano conclusi con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale. I prodotti oggetto dei contratti conformi alle buone pratiche commerciali possono essere commercializzati con messaggi pubblicitari recanti la dicitura “Prodotto conforme alle buone pratiche commerciali nella filiera agricola e alimentare”.

Disciplina delle vendite sottocosto di prodotti agricoli ed alimentari (art.7)

La disposizione innova la vendita sottocosto dei prodotti agricoli e alimentari freschi e deperibili, consentendola solo nel caso di prodotto invenduto a rischio di deperibilità, oppure, nel caso di operazioni commerciali programmate e concordate con il fornitore in forma scritta. In assenza di tale accordo il prezzo stabilito dalle parti è sostituito di diritto dal prezzo risultante dalle fatture di acquisto, oppure dal prezzo calcolato sulla base dei costi medi di produzione rilevati dall’ISMEA ovvero, dal prezzo medio praticato per prodotti similari nel mercato di riferimento. E’ comunque vietato, in ogni caso, imporre al fornitore condizioni contrattuali tali da far ricadere sullo stesso le conseguenze economiche derivanti, in modo diretto o indiretto, dal deperimento o dalla perdita dei prodotti agricoli e alimentari venduti sottocosto non imputabili a negligenza del fornitore.

Autorità di contrasto (art. 8)

Il decreto designa l’ICQRF quale autorità nazionale di contrasto deputata all’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 3, 4 e 5 del presente decreto ed all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative, nel rispetto delle procedure di cui alla legge n. 689 del 1981 (comma 1 dell’art. 8). L’articolo dispone che, ai fini di cui al comma 1, l’ICQRF esercita alcune delle le seguenti attività:

1. avvia e conduce indagini di propria iniziativa;

2. chiede agli acquirenti e ai fornitori di rendere disponibili tutte le informazioni; 3. effettua ispezioni in loco;

4. accerta la violazione delle disposizioni di cui al presente decreto e impone all’autore della violazione di porre fine alla pratica commerciale vietata;

5. avvia procedimenti finalizzati all’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie;

6. pubblica regolarmente sull’apposita sezione del sito internet del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali i provvedimenti sanzionatori inflitti ai sensi delle lettere d) ed e).

Nell’esercizio delle attività citate, l’ICQRF può avvalersi dell’Arma dei Carabinieri e, in particolare, del Comando Carabinieri per la tutela agroalimentare, oltre che della Guardia di finanza. Le attività vengono svolte dall’ICQRF d’ufficio o su denuncia di qualunque dell’interessato ferme restando le funzioni e le competenze dell’Autorità Tarante della concorrenza e del Mercato.

Denunce all’Autorità di contrasto (art. 9)

La disposizione prevede che le denunce siano presentate all’ICQRF dai soggetti stabiliti nel territorio nazionale, oppure all’autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito il soggetto sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata. La denuncia potrà anche essere presentata dalle organizzazioni di produttori e dalle organizzazioni di fornitori. Si prevede che, qualora il denunciante lo richieda, l’ICQRF adotti le misure necessarie per tutelare adeguatamente l’identità del denunciante, ovvero, del soggetto che assuma di essere stato leso dalla pratica commerciale sleale denunciata, nonché per tutelare adeguatamente qualunque altra informazione la cui divulgazione, secondo il denunciante, sarebbe lesiva degli interessi del denunciante o del soggetto leso. L’ICQRF informa il denunciante, entro 30 giorni dal ricevimento della denuncia, di come intende dare seguito alla denuncia. Se l’ICQRF ritiene che non vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, informa il denunciante dei motivi della sua decisione entro 180 giorni dal ricevimento della denuncia. Se invece l’ICQRF ritiene che vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, avvia e conclude un’indagine a carico del soggetto denunciato entro 180 giorni dal ricevimento della denuncia. È comunque prevista la facoltà per le parti contraenti di ricorrere a procedure di mediazione o di risoluzione alternativa delle controversie.

Sanzioni (art. 10)

Si prevede che:

• per la violazioni relative al mancato utilizzo dell’atto scritto o al rifiuto di confermare per iscritto le condizioni del contratto di cessione di cui all’articolo 4, comma 1, lettera g) è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 5 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al valore dei beni oggetto di cessione o al valore del contratto. In ogni caso la sanzione non può essere inferiore a 2.000 euro.
• per la violazione del divieto di cui all’articolo 3, comma 4, concernente la durata del contratto, si applica all’acquirente una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3,5 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. La misura della sanzione non può essere inferiore a 10.000 euro.
• il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento stabiliti all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3,5 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. La misura della sanzione viene determinata in ragione della misura dei ritardi e in tale ipotesi la sanzione non può essere inferiore a 1.000 euro.
• per la violazione dei divieti relativi ad annullamento di ordini, modifica unilaterale del contratto, pagamenti non connessi, costi per il deterioramento, divulgazione dei segreti commerciali, ritorsioni commerciali, costo reclami di cui all’articolo 4, comma 1, lettere c), d), e), f), h), i) e j) si applica all’acquirente una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 5 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto e in ogni caso non può essere inferiore a 30.000 euro.
• per la violazione dell’articolo 4, comma 4 relativa alla restituzione, al pagamento per immagazzinamento, al costo degli sconti, al costo della pubblicità e marketing e al costo del personale si applica la sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. In ogni caso non può essere inferiore a 15.000 euro.
• Per le violazioni relative al doppio ribasso, ai prezzi palesemente sotto i costi di produzione, all’omissione dei requisiti del contratto, al trasferimento del rischio, ai termini di scadenza del prodotto troppo brevi, al mantenimento di un determinato assortimento, all’inserimento forzato di prodotti nuovi, all’imposizioni di posizioni privilegiate negli scaffali, di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b), c), l), m) n), o) e p),è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto e in ogni caso la sanzione non può essere inferiore a 10.000 euro.
• in caso di concorso della violazione dei divieti relativi al doppio ribasso e ai prezzi palesemente sotto i costi di produzione (articolo 5, comma 1, lettere a) e b)) la sanzione è raddoppiata.
• Per le violazioni relative alle condizioni ingiustificatamente gravose, a condizioni diverse per prestazioni equivalenti, a prestazioni non connesse, ad indebite prestazioni unilaterali, ulteriori condotte sleali, prestazioni accessorie imposte, esclusione degli interessi di mora, termine minimo per la fattura, di cui all’articolo 5, comma 1, lettere d), e), f), g), h), i), j) e k), è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria fino al 4 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. In ogni caso la sanzione non può essere inferiore a 5.000 euro.
• Per la violazione relativa a vendite sottocosto al di fuori delle ipotesi cui all’ articolo 7, il provvedimento rinvia al DPR n. 218 del 2001 (articolo 5, commi 2 e 3) che prevede una sanzione pecuniaria e la sospensione in caso di recidiva.
• Qualora venga accertata la prosecuzione della pratica sleale inibita, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria nella misura massima prevista per la violazione commessa, fermo restando il limite massimo del 10 per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento.

Si prevede anche che, nei casi di reiterata violazione, la misura delle sanzioni di cui al presente articolo debba essere aumentata fino al doppio e, in caso di altre reiterazioni, fino al triplo, fermo restando il limite massimo del 10% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. Per l’irrogazione delle sanzioni si applicano le disposizioni di cui alla legge n. 689/1981 ed ogni caso, il decreto prevede che non è consentito il pagamento in misura ridotta di cui all’ articolo 16 della medesima legge.

Abrogazioni (art. 12)

Dal 15 dicembre p.v. ,data di entrata in vigore del provvedimento, saranno abrogati:

• l’articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; sul punto si evidenzia che molte disposizioni in esso contenute sono confluite nel decreto legislativo in esame;
• il comma 6-bis dell’articolo 36 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221;
• il decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 19 ottobre 2012, n. 199;
• i commi 1, 3, 4 e 5 dell’articolo 10-quater del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2019, n. 44.

Disposizioni transitorie (art. 14)

Il provvedimento prevede che le disposizioni in esso contenute si applicano ai contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari conclusi a decorrere dal 15 dicembre (data di entrata in vigore) e che i contratti di cessione in corso di esecuzione alla predetta data devono essere resi conformi alle disposizioni del decreto entro il 15 giugno 2022 (6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento).

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